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70 anni di fabbriche: l’emergenza Crotone

70 anni di fabbriche: l’emergenza Crotone

Settant’anni di attività industriale gestita con logiche di profitto, quando non di malaffare, hanno lasciato una eredità pesante. Trasformando il territorio in una bomba ecologica, la cui portata sta emergendo in tutta la sua gravità, e non solo sotto l’aspetto ambientale: le ultime inchieste giudiziarie hanno costretto Crotone a fare i conti con una possibile emergenza sanitaria.

Questo dossier, che pubblicheremo a puntate, vuole fornire il quadro generale della situazione sul quale innestare tutte le notizie che si susseguiranno sull’argomento, che è ben lungi dall’essere esaurito.

Il Polo industriale

 

Il Polo industriale di Crotone è stato caratterizzato nel tempo dall’attività di due grandi fabbriche: la Pertusola sud e la Montedison, alle quali altre attività si aggiunsero negli anni ’60, dopo la creazione del Consorzio industriale.

Pertusola sud ha iniziato la produzione negli anni ’30 trattando solfuro di zinco, i cui principali residui di produzione erano ferriti di piombo, zinco, rame e cadmio. Chiuso nel 1999, lo stabilimento non è mai stato smantellato del tutto, nonostante il termine ultimo dei lavori fissato al 2003.

Sempre anni 30 è datato l’avvio delle produzioni dell’altro grande impianto dell’industria chimica gestita dall’allora gruppo Montedison, che poi diventerà Enimont. Di quell’impianto, operativo fino agli anni ’80, è rimasta in funzione solo la Condea Augusta (diventata poi Sasol Italy) che produce zeoliti per la detergenza. Negli altri stabilimenti si producevano fertilizzanti azotati prima, e fosforo poi. Sostanze che per anni hanno imbevuto il terreno di sostanze chimiche dalle quali non è mai stato bonificato.

Settant’anni di industria “pesante”, dunque. Settant’anni di giornate scandite dal suono delle sirene che indicavano i turni di lavoro: a quella delle due era l’ora di calare la pasta, che tanti mariti stavano per tornare. Settant’anni di lavoro garantito: di economia solida, di famiglie che potevano comprare casa e mandare i figli all’università; e poi di sindacato, di vita sociale e politica intensa, di senso di appartenenza e consapevolezza. Ma anche settant’anni di inquinamento gravissimo, di scarichi praticamente incontrollati, di fumi aspri che bruciavano il naso e la gola; e di incidenti sul lavoro, di morti troppo giovani, di figli costretti a prendere in fabbrica il posto dei padri. Anni in cui si è colpevolmente scelto di far finta di nulla, di non ascoltare gli allarmi lanciati da più parti sulla gravità della situazione ambientale, barattando il presente con il futuro. Fino a quando il futuro non ha preso le sembianze di un colosso industriale ormai logoro, giudicato troppo poco competitivo sul mercato per continuare a vivere. Cessata la produzione, le fabbriche sono diventate fantasmi, inattivi solo all’apparenza. Perché l’inquinamento, invece, continuano a produrlo, riversando in mare, nelle falde acquifere e nel terreno circostante metalli pesanti e sostanze tossiche.

La serietà della situazione ambientale viene riconosciuta ufficialmente col Decreto ministeriale 468 del 18 settembre 2001, che inserisce l’area industriale di Crotone nei siti di interesse nazionale da sottoporre a interventi di risanamento ambientale. (segue)


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