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Dario Brunori, un calabrese venuto da Saturno

Dario Brunori, un calabrese venuto da Saturno

Ormai è una conferma, ed anche una speranza. Già perché lui, giovane, interessante e impegnato è la prova concreta che la musica ancora può dare molto e che, di cose da dire ce ne sono tante. Dario Brunori, oggi, rappresenta la sua e la nostra voce, racconta storie e vita vissuta, racconta una contemporaneità difficile e in queste righe, racconta se stesso.

Dario Brunori, voce della Brunori SAS

Molte delle tue canzoni hanno i colori delle foto e dei video di famiglia degli anni ’70 ed ’80 ed anche il tuo album sembra una collezione di momenti felici trascorsi in una terra in cui, forse, erano più quelli che tornavano, dal nord e dall’estero, che non quelli che emigravano. I testi più amari sono, invece, quelli che riguardano l’attualità. La tua è nostalgia, rimpiangi quel periodo e quella Calabria, o quella che compi è un’operazione di tipo diverso?

Non voglio vivere di rimpianti. Chi troppo guarda indietro rischia di inciampare. Certo il passato è un rifugio così caldo e accogliente… ma non è lì che voglio andare, soprattutto oggi. Quando ho scritto quei brani avevo il desiderio di fotografare le sensazioni legate al mio ritorno a casa. Ero stato fuori per molti anni, ero scosso per la perdita di mio padre e guardare qualche vecchia foto mi ha aiutato un po’ ad addolcire quei giorni. Tutto qui.

 Qual è il tuo rapporto con il territorio calabrese di oggi e di ieri? Cosa è cambiato o cosa è rimasto intatto?

Amo la natura e noi abbiamo oggettivamente una natura meravigliosa. Amo l’individualismo e, con esiti talvolta discutibili, dalle nostre parti c’è ancora una buona fetta di umanità che cerca di affermare la propria individualità, lottando con il costante tentativo di omologazione che arriva, ahimè, da più parti. Amo la famiglia, ma non amo la “sacralità” della famiglia. Quando la famiglia diventa una fede cieca, indiscutibile, quando è troppo “totalizzante” e invadente, allora spinge le persone a pensare solo al proprio orticello e a generare figli che, al di là della forma e dei percorsi, finiscono per diventare copie carbone dei propri genitori. E tutto si replica senza possibilità di cambiamento reale. Sembra una cosa piccola ma contiene il seme di tante erbacce da estirpare.

La Brunori SAS è ormai un fenomeno di portata nazionale, eppure risiedi ancora in Calabria e ci hai aperto il Picicca, il tuo studio di registrazione. Quali sono le ragioni di tali scelte, quali i pro e i contro? 

La Brunori SAS è ormai un fenomeno di portata nazionale, eppure risiedi ancora in Calabria e ci hai aperto il Picicca, il tuo studio di registrazione. Quali sono le ragioni di tali scelte, quali i pro e i contro? 

Sono una persona sobria, al di là delle apparenze e delle maschere buffonesche che indosso. Mi basta avere la mia razione quotidiana di cibo genuino, di aria buona, di natura vera e, perché no, di vita mondana. Posso fare tutto questo senza spendere tanto. Perché dovrei vivere altrove? Tra l’altro faccio un mestiere che mi permette di girare in lungo e in largo, per cui non mi manca proprio nulla.

Ti hanno paragonato a molti artisti del passato (Rino Gaetano, Lucio Dalla, Lucio Battisti etc) ma, al di là di questi paragoni, quali sono i tuoi modelli, le tue influenze?

Non ho modelli ben precisi, e, soprattutto a livello musicale, subisco il fascino di artisti di estrazione così differente che avrei molta difficoltà a rintracciarne il peso in quello che scrivo e che canto. Di sicuro i nomi che hai citato sono annoverati fra i miei rispettabili, ma guardo ai grandi con il solo obiettivo di somigliare sempre più ad un tizio che ancora non ho messo bene a fuoco. Me stesso.

Quanto pensi abbia inciso la tua “calabresità” sul successo della Brunori SAS? Cosa manca alla “scena” musicale calabrese, ai musicisti calabresi ed alla Calabria rispetto alle altre “scene” regionali ed alle altre regioni? E cosa c’è in Calabria che manca altrove, cosa ha dato a te e cosa ha da dare questa terra ai suoi musicisti?

Non sono un amante dei discorsi eccessivamente incentrati sulla regionalità o sull’appartenenza ad un territorio. Mi sembra inutile se non dannosa la tensione ad una specie di sfida a chi ha più cittadini illustri. Io amo il luogo in cui vivo e desidero rendere giustizia alla sua bellezza. Ma non vorrei mai diventare emblema della calabresità nella penisola. Vorrei essere il più possibile non confinato. In altri posti d’Italia le cose funzionano a livello artistico, solo perché c’è un tessuto economico più robusto alle spalle. La gente comune lavora e ha soldini da spendere non solo per i bisogni primari, ma anche per andarsi a godere uno spettacolo e soddisfare altri bisogni estetici e ludici. Da noi la tendenza è quella di spendere il meno possibile per tutto ciò che non è materiale. E’ un’attitudine naturale visto che girano pochi soldini. Va bene la pizza, va bene la birra o il cocktail, va bene il fumo, ma se devo spendere 10 euro per un concerto allora storco un po’ il naso. Se devo comprare un disco men che meno, tanto ce l’ho gratis quando voglio. E purtroppo hai voglia a fare discorsi, se i locali incassano poco, gli artisti prendono niente e senza economia un settore non si regge in piedi, non ha crescita. Magari tiracchia, ma certo non fa campare chi questo mestiere lo fa con passione e talento, e vorrebbe continuare a farlo. Poi certo è giusto e doveroso premere perché le istituzioni facciano il loro dovere e non solo il loro volere, ma se non si parte dal basso, se la faccenda non è autosufficiente, la vedo molto dura.

Prospettive per il futuro: quando sul palco dell’Ariston? Come ti vedi fra vent’anni, più interessato all’attività di produttore o di cantautore?

Mi sforzo di non immaginare il mio futuro. Vorrei essere capace di vedermi in questo momento e invece purtroppo penso sempre a quello che ho già fatto o a quello che ancora devo fare. Orazio mi darebbe uno scapellotto, se potesse. Mi piace davvero tanto curare la produzione di altri artisti, è una ricchezza, ma oggi sento assai il desiderio di usare la scrittura come strumento per crescere umanamente e giocoforza devo occuparmi soprattutto di me. A Sanremo ci penserò se e quando mi proporranno di partecipare. Ad oggi non è ancora accaduto.

Se Dario non fosse calabrese, da dove verrebbe?

Da Saturno, perché ultimamente ho sempre un cerchio intorno alla testa.

Da Vol. 1 a E’ nata una star. Chi eri e chi sei oggi?

Potessi risponderti sarei un Buddha. Magari ne parliamo nella prossima reincarnazione.

 

Intervista a cura di Alessandra Fina e Alberto Dattilo


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