close
La corsa in discesa di Oliverio: per gli amici “Palla Palla”, per i nemici ...

La corsa in discesa di Oliverio: per gli amici “Palla Palla”, per i nemici “U lupu”!

Calabria. Per gli avversari è «l’uomo venuto dal freddo». Sensibile ai precari e alla scuola, ha anche collezionato tante promesse mancate. «Si può fare», ripete il candidato governatore del centrosinistra. Che del resto non ha rivali

mario oliverio

Mario Oliverio

Per gli avver­sari interni, Mario Oli­ve­rio è «l’uomo venuto dal freddo», un per­so­nag­gio da appa­rato, vis­suto per anni in sor­dina fino all’ora X. Per quanti, invece, nel Pd guar­dano a lui con sim­pa­tia, rap­pre­senta l’unico con­trap­peso al «clan» cosen­tino domi­nante nel par­tito sin dai tempi del Pci degli anni set­tanta. C’è pure chi fa notare che in fondo lui di quel «clan» ha fatto sem­pre parte. Di certo quando formò la giunta pro­vin­ciale di cui è stato a capo fino alle ele­zioni del mese scorso, sor­prese tutti: non volle imbar­care Enza Bruno Bos­sio, attual­mente depu­tata, moglie del lea­der locale del Pd Nicola Adamo. Tra­scor­sero annate poco idil­lia­che tra i due. Poi è stato Ber­sani, pochi mesi fa, a bene­dire la ricom­po­si­zione del dis­si­dio che di fatto era già stato sanato in vista della sfida per la con­qui­sta della Regione. Quello di con­qui­stare il governo della Cala­bria è un dise­gno che parte da lon­tano. Oli­ve­rio ci pen­sava già nel 2007. Sul bol­let­tino pro­vin­ciale che faceva pub­bli­care, in coper­tina cam­peg­giava il suo fac­cione men­tre abbrac­ciava una vec­chietta. Pro­fe­tico il titolo: «Una Pro­vin­cia forte per una nuova regione».
Sguardo acci­gliato, carat­tere roc­cioso, poco incline alle moine, Gerardo Mario Oli­ve­rio è cono­sciuto col sopran­nome di «Palla Palla», topo­nimo della popo­lare fra­zione di San Gio­vanni in Fiore, pae­sone dell’altipiano della Sila da cui pro­viene. Ma tra i suoi nemici più acca­niti c’è chi lo chiama «U lupu», che in un ter­ri­to­rio fre­quen­tato da greggi non è pro­prio il migliore dei com­pli­menti. La cele­bre e recente com­me­dia popo­lare in ver­na­colo cosen­tino Con­za­ti­vicci di Ser­gio Crocco fa notare che sono quasi tutti san­gio­van­nesi quelli che lavo­rano negli uffici dell’amministrazione pro­vin­ciale. Un rap­porto d’amore tur­bato però anche da dis­sidi, quello tra il can­di­dato pre­si­dente e il suo borgo natio: in occa­sione delle ele­zioni pro­vin­ciali del 2009 vinse solo al bal­lot­tag­gio. Molti com­pae­sani gli ave­vano riti­rato la pre­ce­dente fiducia.
In quasi 35 anni di car­riera poli­tica, è stato sin­daco del suo paese, quat­tro volte al par­la­mento, con­si­gliere e asses­sore regio­nale, per dieci anni pre­si­dente della Pro­vin­cia. Adesso si appre­sta a rac­co­gliere lo tsu­nami di con­sensi che il ter­ri­to­rio cosen­tino river­se­rebbe su chiun­que si can­di­dasse a rim­piaz­zare la gestione reg­gina della regione. Non è solo una que­stione di cam­pa­nile, non si tratta sol­tanto della voglia dif­fusa di sot­trarre a Reg­gio Cala­bria e Catan­zaro l’enorme cen­tra­lità di cui hanno goduto negli ultimi anni. Sia il gover­na­tore uscente, il reg­gino Sco­pel­liti, sia il suo pre­de­ces­sore, il demo­cri­stiano catan­za­rese Loiero, non hanno lasciato un buon ricordo tra i 155 comuni del Cosen­tino che da solo rac­co­glie più del 40% della restante regione.
Set­tori nevral­gici come la sanità e l’ambiente vivono giorni dif­fi­ci­lis­simi. Oli­ve­rio è scal­tro, san­gui­gno, ambi­zioso. Sta basando la sua cam­pa­gna elet­to­rale sull’immagine di genui­nità del mon­ta­naro alle­gro e un po’ rude che risolve con sem­pli­cità le situa­zioni più intri­cate. Si cir­conda di col­la­bo­ra­tori spesso privi di una cul­tura poli­tica, ma non per que­sto ine­sperti nel rastrel­lare voti. Molto sen­si­bile alla via cru­cis delle migliaia di pre­cari e senza-lavoro, attento alle pro­po­ste più inte­res­santi degli ope­ra­tori cul­tu­rali, tra i risul­tati poli­tici più inte­res­santi della sua azione ammi­ni­stra­tiva meri­tano men­zione l’impegno pro­fuso nell’edilizia sco­la­stica e il bilan­cio sociale che perio­di­ca­mente la Pro­vin­cia redige e pubblicizza.
I punti deboli di Oli­ve­rio sono le incom­piute e le mega-palle vec­chia maniera, da far invi­dia ai pro­clami ren­zu­sco­niani. Com­plice forse anche il taglio di tra­sfe­ri­menti finan­ziari da Roma, ben poco di quel che pro­met­teva è stato fatto. Tanti, troppi, gli annunci roboanti caduti nel vuoto: nel 2009, alla vigi­lia delle ultime pro­vin­ciali, pro­gram­mava la costru­zione di nuove infra­strut­ture, svin­coli auto­stra­dali, avve­ni­ri­sti­che gal­le­rie. Opere mai rea­liz­zate. Nel frat­tempo però le strade di mezza pro­vin­cia sono fra­nate, talune restano peri­co­lanti e per­cor­ri­bili solo in brevi tratti. Di recente Oli­ve­rio si sarebbe inner­vo­sito, e non poco, per alcune inchie­ste gior­na­li­sti­che sulla man­cata rea­liz­za­zione della via di grande col­le­ga­mento tra la Sila e Sibari. È un’opera infi­nita, in prin­ci­pio bat­tez­zata da altri mag­gio­renti della poli­tica. Della Ati che si aggiu­dicò la gara d’appalto, fa parte il Con­sor­zio Sta­bile Infra­strut­ture, il cui pac­chetto di mag­gio­ranza è in mano alla Mal­tauro, società ammi­ni­strata da Enrico Mal­tauro, coin­volto nell’inchiesta su Expo 2015. Da circa dieci anni la rea­liz­za­zione dell’opera è pre­vi­sta dal pro­gramma ammi­ni­stra­tivo dell’esecutivo pro­vin­ciale gui­dato da Mario Oli­ve­rio. Ma era, e rimane, un eterno can­tiere aperto, nono­stante gli annunci di immi­nenti quanto fan­to­ma­ti­che con­clu­sioni dell’opera.
Oli­ve­rio con­ti­nua imper­ter­rito a dire: «Si può fare», che è pure lo slo­gan scelto per la cam­pa­gna elet­to­rale. Un motto che ha sem­pre por­tato for­tuna ad Obama, ma non a Vel­troni nella sfida con Ber­lu­sconi del 2008. A Oli­ve­rio comun­que la buona sorte non ser­virà. È tutta in discesa, e senza osta­coli, la strada che farà sci­vo­lare dritto «Palla palla» fino alla guida della Cala­bria. Un minuto dopo, lo slo­gan si tra­mu­terà in un que­sito che ormai in tanti pon­gono: ma vera­mente la Cala­bria… «si può governare?».

Di Claudio Dionesalvi

Pubblicato sul Manifesto del 18 novembre 2014


Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *