close
Catanzaro, la mia città

Catanzaro, la mia città

Ci piacerebbe raccontare i profumi che inebriano i vicoli luminosi verso mezzogiorno, sul vociare irriverente delle comari di ritorno dalla spesa; il pane fragante, e la verdura fresca del negozio di alimentari sotto casa che quando c'è ti mette da parte l'ovetto fresco perchè "'a signora è clienta". Per una volta vorremmo parlare delle opportunità e non degli "scippi".

Ho scelto di abitare tra i vicoli stretti di un centro storico che i veggenti della catastrofe vedono destinato a morire di solitudine, piegato alle logiche della rassegnazione, frutto delle politiche sbagliate del decentramento. Dagli uffici alle poche imprese floride, alle residenze sontuose fuori porta, la cartolina sbiadita di un centro storico che si spegne restituisce di rimando l’immagine di una città che nel groviglio delle viuzze di basole e tufo ha perso la propria identità di Capoluogo  di Regione, geloso custode di una storia fatta di cultura e passione. Una città che non ha la forza di rialzarsi rinnovata perchè ha perso la memoria, quella che potrebbe rinfrescare alzando gli occhi ai portali antichi che incorniciano qualche targa di marmo, testimonianza viva di eccellenti passaggi di personalità illustri che a Catanzaro hanno “voluto un gran bene.” Ci piacerebbe raccontare i profumi che inebriano i vicoli luminosi verso mezzogiorno, sul vociare irriverente delle comari di ritorno dalla spesa; il pane fragante,  e la verdura fresca del negozio di alimentari sotto casa che quando c’è ti mette da parte l’ovetto fresco perchè “‘a signora è clienta”. Ci piacerebbe raccontare le chiacchiere da bar, seduti ad un tavolino sotto l’immagine incorniciata di Palanca e la speranza, legata ad una sciarpa giallorossa, che prima o poi le Aquile tornino a regalare le grandi emozioni del pallone, diciamo almeno della serie B. Vorremo parlare di una città capace di ragionare del futuro, tra i giovani universitari che rivitalizzano un centro storico moderno ed europeo, e quindi, chiuso al traffico non solo tre ore al giorno. Per una volta vorremmo parlare delle opportunità e non degli “scippi”, delle vittorie e non delle sconfitte che sono prima di tutto di una classe dirigente e politica che non solo non riesce a mantenere, ma ormai nemmeno prova a promettere. Perchè tanto.. chi ci crede più. Una città stanca di aspettare: la costruzione del porto di Casciolino, o meglio della Marina di Catanzaro, visto che il decentramento e la cartellonistica stradale favoriscono la frammentazione territoriale capace di trasformare Siano o Germaneto comuni a sè stanti; la realizzazione delle varianti stradali che decongestinano il traffico infermale del viadotto Nalini d’estate; l’istituzione della scuola di magistratura che viene sdoppiata nel silenzio di quanti dovrebbero essere maggiormente interessati a tutelarla; l’acquisizione dell’ex ospedale militare che forse è già del Comune, ma questo non si sa. Una città stanca di aspettare che qualcosa cambi, mentre tutto resta com’è, ma che ancora piange sul latte versato della tripartizione della Provincia e sull’ombra luna di un passato fastoso che le serate in pelliccia e pailletes nel foyer del teatro Politeama richiamano alla mente in maniera nostalgica. Ci piacerebbe raccontare quella distesa di terra, cielo e mare che si abbraccia dalla balconata di Bellavista, e quella di verde e colline che si avventura verso gli aghi di pino della Sila. Registrare e narrare tutta la passione, l’operatività, l’entusiasmo, l’ottimismo, ma anche le paure e le perplessità e soprattutto le speranze di una città e della sua bella gente. La nostra città. La nostra Catanzaro.


Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *