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Converso, lo strano “patrono” dei gitani

Converso, lo strano “patrono” dei gitani

Il presidente dell'Opera nomadi di Cosenza e le sue teorie sull'integrazione dei rom nella città bruzia si scontrano con quelle adottate da alcune associazioni del privato sociale convinte invece di dover oltrepassare il muro dell'indiffernza per occuparsi dell'istruzione dei gitani e della salute degli anziani

Ha ragione Massimo Converso. Ha ragione il presidente dell’Opera Nomadi quando afferma che abbiamo sbagliato ad entrare nel campo rom sulla riva sinistra del fiume Crati, a Cosenza, per occuparci di istruzione dei bambini nomadi e salute degli anziani, nonché per rivendicare il rispetto di diritti sociali e giuridici garantiti dalla Costituzione e dalla normativa europea.

Ha ragione. Forse avremmo fatto meglio a farci i fatti i nostri ed a girare lo sguardo dall’altra parte, obbedendo al dilagante dogma dell’indifferenza. Avremmo dovuto lasciare quei bambini in mezzo ai topi di fogna ed ai pidocchi. Sarebbe stato meglio che anche quest’ultima comunità rom diventasse materiale per carabinieri, magistrati, guardie penitenziarie e quelle associazioni che speculano da anni sulla pelle dei rom. Col passare del tempo, crescendo, invece di frequentare le scuole cosentine e le nostre attività pomeridiane, i bambini avrebbero scelto di essere arruolati dalla ‘ndrangheta o nella migliore delle ipotesi sarebbero diventati ladri di macchine, come già avvenuto per molti dei rom arrivati in Calabria nel ‘900.

Ha ragione Converso. Avremmo dovuto lasciare che quello scuolabus rimanesse sempre vuoto. Invece abbiamo convinto i genitori a mandare i figli a scuola. Conosciamo bene il modello di integrazione proposto da Converso e da certi assessori della Giunta Perugini. Basta sparpagliare i rom nei quartieri, imporre loro il pagamento di un costoso ed insostenibile affitto. Il resto verrà da sé.

Quei pochi proprietari di appartamenti disponibili, li sfratteranno. Le popolazioni dei quartieri e dei paesi ospitanti, insorgeranno. Scoppierà una nuova Rosarno in salsa rom. Così ci saranno tante belle telecamere pronte ad intervistare Converso.

Ha ragione. Avremmo dovuto concedere che, come già accaduto con lo sgombero di Gergeri e il trasferimento nel quartiere dello stadio, lui e la sua associazione facessero da mediatori con l’amministrazione comunale, escludendo i rom da qualsiasi possibilità di partecipare alle scelte sul loro destino. E i risultati oggi sono sotto gli occhi di tutti. Basta fare un giro nel villaggio degli ex nomadi, realizzato nei pressi dello stadio San Vito nel decennio scorso. Ci vivono pure tante famiglie onestissime e laboriose. Purtroppo, però, al suo interno si verifica un disagio sociale spaventoso, di cui i Cosentini sono a conoscenza. Converso ha torto solo quando afferma che lunedì sera noi avremmo impedito il dibattito sull’Olocausto.

È falso. Ci sono i filmati che lo documentano. I carabinieri presenti, nonché gli assessori Lucente e Vuono, possono confermarlo. È stata l’assessore Lucente a dichiarare pubblicamente che il relatore del convegno, il signor Roccas, era andato via per “motivi di salute”. Forse Converso, vedendoci arrivare, è scappato da una porticina di servizio?  Fa bene comunque Opera Nomadi a lavorare sulla memoria. Ma dovrebbe cercare di recuperarla soprattutto in merito al proprio passato ed ai gravissimi comportamenti assunti dai suoi dirigenti. È il grande male della nostra terra. Chiunque abbia combinato disastri sociali e politici allucinanti, continua imperterrito a stare al proprio posto ed a rilasciare persino interviste ai giornali, come se nulla fosse. Noialtri, nonostante da almeno 30 anni siamo impegnati nel sociale in questa città, abbiamo ancora – come dice Converso – “bisogno di visibilità”. Lui invece no. Infatti, visto che in Calabria ormai lo conoscono tutti, e i gitani hanno buona memoria, lui non riesce più a mettere piede in un campo rom o in un quartiere abitato da ex nomadi.

Chissà perché?

 

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